FLC CGIL
Contratto Istruzione e ricerca, filo diretto

https://www.flcgil.it/@3851161
Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Repubblica: La missione dimenticata

Repubblica: La missione dimenticata

È nella libertà e nell´apertura al dialogo accanto al duro e severo lavoro dell´apprendimento che la scuola pubblica può tornare a essere il luogo di formazione indispensabile per una moderna democrazia

25/08/2008
Decrease text size Increase text size
la Repubblica

ADRIANO PROSPERI

«La ricreazione è finita»: ricordate? così Charles De Gaulle dichiarò chiuso il ´68 parigino. Anche per studenti e professori italiani l´aria di settembre porta la fine dei giochi e il ritorno a scuola.

In Italia, paese senza "grandeur" dove i ministri sono i primi a sbeffeggiare alla bandiera nazionale, il segnale della fine della ricreazione lo dà la voce gentile ma ferma della ministra dell´istruzione pubblica: cinque in condotta, grembiulino per i piccoli e gerarchia per tutti. Gli insegnanti meridionali in particolare sono nell´occhio del ciclone: abbassano la qualità della scuola italiana, dovranno fare corsi di riqualificazione. I mezzi? li daranno i risparmi sugli sprechi.
Non è un messaggio confortante, anzi sembra proprio confermare quello che ha scritto Galli della Loggia (Corriere della sera, 21 agosto) sul sostanziale disprezzo con cui i ministri attuali guardano alla scuola. Hanno ragione? secondo lui sì, perché la scuola italiana non ha al suo centro "un´idea, una visione generale del mondo". Tra la minuteria pedagogica della ministra e la visione del mondo c´è posto per tutte le nostre lagnanze.
Quando si parla della scuola è facile evadere nelle opposte direzioni delle grandi prospettive ideologiche e della minuta quotidianità. Da tempo i ministri che si succedono, in mancanza di risorse, si limitano a ritocchi dell´intonaco invece di verificare lo stato delle fondamenta e dei muri portanti: non c´è ministro che non abbia modificato il sistema dei voti o la formula degli esami di maturità. Sullo sfondo si svolge il grande dibattito ideologico ed è sempre pronto a riaccendersi lo scontro fra laici e cattolici, fra scuola statale e scuola privata.
Oggi la scuola statale è la grande accusata. Se ne ricerca il cuore identitario: che deve "aprirsi al contesto territoriale", afferma la ministra; deve riappropriarsi di "un´idea del nostro passato", dice più ambiziosamente Galli della Loggia. In materia di ideologie, a costo di apparire del tutto fuori tempo tra i cultori di questa "incerta modernità", vorremmo ricordare la frase di un filosofo che era di moda citare in un non lontano passato: non è la coscienza a determinare le condizioni sociali, sono le condizioni sociali a premere in modo determinante sulla coscienza. Dalle condizioni sociali in cui si svolge la scuola nasce una disaffezione profonda e diffusa; nasce anche un minaccioso processo di produzione di disadattati. Gli studenti che si preparano a tornare a scuola troveranno ancora una volta edifici malconci, docenti demotivati e mal pagati; non potranno contare sulla biblioteca della scuola per studiare – anche se tutti sanno che è la biblioteca pubblica il luogo dove si impara a studiare, a confrontare le idee, a informarsi liberamente.
Le famiglie dovranno ancora una volta acquistare chili e chili di libri: e non sarebbe un gran male, anche se nel nostro paese la spesa in libri scolastici appartiene al genere voluttuario ed è vissuta come una violenza intollerabile da chi è pronto a fare ogni genere di sacrifici per i consumi voluttuari dei figli, incluse auto dalla potenza assassina. Ma il fatto è che quei libri si chiamano "di testo", sono quelli che i professori "adottano" (talvolta dopo averli partoriti) e sono destinati a morire dopo un anno o poco più, sostituiti da stampe "aggiornate" da un´industria editoriale che è facile criticare ma che nessuno vuole in realtà sostituire. È più facile prendersela coi sintomi che affrontare le cause della malattia.
Una malattia che avanza: oggi il libro di testo ha proliferato ben al di là delle scuole secondarie e ha messo radici all´università, come prodotto della famigerata formula del 3x2. Dunque libro di testo e telefonino saranno ancora gli strumenti scolastici, il primo desueto, ingombrante, spesso mai aperto, il secondo pronto a sfornare compiti già fatti senza bisogno di perdere tempo nell´aula dei computer – che dovrebbe esserci ma in genere non c´è. Ma il punto è un altro: che cosa attende il giovane al termine dei suoi studi, quando la rivoluzione del sistema in atto gli dirà con un voto finalmente e chiaramente espresso in numeri se ce l´ha fatta o no? quale immagine del suo futuro gli propone il luogo deputato agli studi e alla disciplina sociale? è qui che si deve misurare la salute della scuola come sistema di promozione del paese, nelle aspettative che suscita e nelle risposte che dà.
Oggi tutti sanno che il sistema sfocia sul vuoto. Lo sanno per primi i giovani. La società italiana non premia i migliori. A nessun livello. Per gli impieghi pubblici, più degli studi valgono le reti del potere locale e nazionale e la forza delle corporazioni di ogni genere. E non parliamo del potere economico, che seleziona e forma le nuove leve che gli servono senza tener conto dei percorsi scolastici. Nemmeno la scuola di ogni ordine e grado funziona più col sistema dei concorsi. E non sembra che ci si muova nel senso giusto per cambiare le cose.
Non è il caso di ripetere quel che è stato detto tante volte. Certo, quando uno scienziato vince il Nobel è bello scoprire che ha i genitori italiani. Ma perché oltre ai geni ereditari quell´italiano non ha trovato qui un sistema in grado di farlo crescere? e dove vanno oggi gli italiani che vogliono davvero studiare? il mondo è aperto, oggi: andare per il mondo a costruire la propria vita è quello che tutti cercano di fare. C´è anche un´emigrazione intellettuale accanto a quella dei disperati in cerca di lavoro. Ebbene, il nostro paese ha un saldo intellettuale deficitario: vede partire i migliori e intercetta solo una frangia trascurabile del grande movimento migratorio di cervelli in cerca di formazione qualificata.
Per questo si pone oggi da noi con speciale, drammatica e poco avvertita urgenza il problema dei finanziamenti destinati alla formazione e alla ricerca. Che sono scarsi lo sappiamo. Che saranno ancora minori in futuro è già stato detto. Ma qual è, se esiste, il criterio delle erogazioni? in questa stagione vediamo spuntare nella pubblicità dei quotidiani tante sigle di scuole "alte", "eccellenti", mentre la cronaca ci informa sullo stato comatoso di antiche università che si dibattono in drammatici problemi di bilancio, aumentano le tasse degli studenti, riducono i servizi, minacciano fallimento.
Si parla di fondazioni; e viene in mente il disastro dell´Alitalia e della sua "bad company". Vedremo. Certo, le università non sono società calcistiche. Se lo fossero qualcuno si preoccuperebbe. Statene sicuri.
In una situazione come questa tornare a ricercare nell´identità nazionale italiana l´anima perduta della scuola è una fuga verso un passato concluso. La scuola italiana ha conosciuto il suo momento migliore non quando ha indottrinato gli italiani al culto dei martiri risorgimentali o alla mistica del fascismo, ma quando ha dato ai figli delle classi popolari gli stessi strumenti per comunicare che fino ad allora erano riservati alle classi dominanti.
Giuseppe Di Vittorio studiava il vocabolario cercando di impadronirsi di tutte le parole come strumenti essenziali nella lotta per i diritti dei lavoratori, Don Milani apriva ai suoi scolari la via del riscatto sociale attraverso un duro lavoro sui linguaggi, quello della letteratura e quello della matematica. Oggi la sfida che si presenta alla rinnovata scuola pubblica è ancora una volta la promozione sociale dei figli di quelle diverse culture che abitano la penisola e che saranno la società italiana di domani.
Ed è ancora alla scuola che si deve ricorrere come l´unica agenzia capace di creare l´unità del paese non comunicando messaggi identitari precostituiti nei laboratori pedagogici di un qualche ministero ma promuovendo la partecipazione alla vita democratica di una società aperta attraverso la conoscenza e la tutela dei diritti umani: una scuola che sia capace di far apprendere ai suoi studenti i linguaggi necessari per accedere al possesso e al rispetto del grandissimo patrimonio culturale italiano come un´eredità vivente.
È nella libertà e nell´apertura al dialogo accanto al duro e severo lavoro dell´apprendimento che la scuola pubblica può tornare a essere il luogo di formazione indispensabile per una moderna democrazia: un luogo dove la ricerca sia aperta e non chiusa dogmaticamente su identità territoriali, regionali, confessionali, calate dall´alto, sorvegliate da agenzie ideologiche dominate dal sospetto e dalla volontà di dominio: o peggio ancora, sorvegliate dai tutori di localismi tanto feroci quanto fondamentalmente stupidi, incredibilmente stupidi, pronti come sono a credere che il male venga da fuori, che la qualità degli insegnanti sia delimitata da confini regionali e da latitudini geografiche.


La nostra rivista online

Servizi e comunicazioni

Seguici su facebook
Rivista mensile Edizioni Conoscenza
Rivista Articolo 33
Filo diretto sul contratto
Filo diretto rinnovo contratto di lavoro
Ora e sempre esperienza!
Servizi assicurativi per iscritti e RSU
Servizi assicurativi iscritti FLC CGIL